Virginia Woolf – La signora Dalloway
a cura di Marisa Sestito edizioni Marsilio, 2012
Giovedì 27 settembre 2012 ore 18.00 – Libreria Friuli via dei Rizzani, 1 – UDINE
Sette donne, Marisa Sestito con Annalisa Cosentino, Angela Felice, Antonella Gatti Bardelli, Marina Giovannelli, Rita Maffei, Milena Romero, per parlare di un grande romanzo. Sette donne, impegnate a vario titolo nella vita culturale, teatrale e letteraria della regione, riunite insieme per intrecciare sensazioni, commenti, punti di vista intorno a un classico della letteratura del Novecento europeo, La signora Dalloway di Virginia Woolf. A coordinare ed accompagnare la conversazione sarà Marisa Sestito, cui si deve la cura di questa recente edizione per l’editore Marsilio e la sua nuova traduzione, tesa a scavare nelle profondità del testo, a renderne l’anomala e visionaria interpretazione del reale, la preziosa e difficile pregnanza linguistica. Restituendone la chiarezza e rispettandone l’oscurità.
Dopo l’audace sperimentazione de La stanza di Jacob, nel 1925 Virginia Woolf approda a La signora Dalloway, il suo primo grande romanzo, per molti il più bello. A ridosso dell’Ulisse di Joyce (che Virginia non amava, ma con il quale inevitabilmente intreccia un dialogo a distanza), ancora un racconto concentrato su un unico giorno (un mercoledì di giugno 1923) e un unico spazio, Londra: una fantasmagoria di strade, sguardi, prospettive e personaggi che si intrecciano e si toccano per poi perdersi e disperdersi nella splendida e lacerante forza vitale della grande città modernista. A contenere questa materia frammentaria e sfuggente sta un uso magistrale di tempo e spazio, marcati da segnali ricorrenti (il suono del Big Ben, il canto degli uccelli, il volo dell’aereo sul quale convergono gli sguardi) e, sul piano della storia, il ricevimento che Clarissa Dalloway sta preparando per quella calda sera di giugno.
Ma è soprattutto la splendida Clarissa – cinquantenne, alto-borghese, una vita apparentemente dorata e un passato di desideri segreti e negati – il punto di attrazione di questa «pioggia di atomi» (come si esprime Virginia Woolf in un famoso saggio) che attorno a lei e alla sua festa si aggrega e si trova per poi perdersi di nuovo. Clarissa e il suo “doppio” sconosciuto, Septimus Warren Smith, giovane, povero, reduce allucinato della grande guerra che gli ha sconvolto per sempre la mente e la vita: due esistenze che si intrecciano e si rispecchiano senza mai incontrarsi, lontane eppure accomunate dal dolore e dalla paura, della morte e della vita. Dolore e paura di cui si libereranno, alla fine, con scelte opposte – la morte per Septimus e l’accettazione della vita per Clarissa – che chiudono il viaggio della coscienza di entrambi e i mille percorsi di quella lunga giornata londinese.
Clarissa e Septimus, per certi versi due inquietanti alter ego di Virginia, che a proposito di questo suo capolavoro scriveva così: “Voglio scrivere di vita e di morte, di sanità e di insanità».
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